Il senso di una fine

Julian Barnes, Il senso di una fine, Einaudi

Da adolescente avrei riempito le pagine di sottolineature, ricopiandone le frasi sull’agenda personale.
Vero, se non fosse che un giovanissimo lettore forse stenterebbe ad apprezzare fino in fondo le sensazioni che si respirano leggendo Barnes, l’amaro accumulo che stratifica negli anni e la consapevolezza di un vissuto in cui i ricordi integrano e aggiustano una realtà che non sempre corrisponde a ciò che è stato.

La storia si sviluppa in due tempi, la giovinezza di Tony Webster nell’Inghilterra degli anni Sessanta, gli amici fedeli e le prime esperienze sentimentali e la maturità del protagonista -uomo senza qualità ormai sessantenne- che riceve un lascito testamentario destinato a mettere in discussione il suo passato.
L’eredità proviene dalla madre di una ex fidanzata per la quale Tony nutre sentimenti sedimentati ma contradditori, esasperati dall’avergli preferito l’amico di infanzia Adrien, il più sfuggente e carismatico del gruppo, suicidatosi a ventidue anni apparentemente per un atto di rinuncia filosofico-nichilistica.
Nel diario di Adrien, che gli è stato destinato, potrebbero trovarsi le risposte alle domande che hanno accompagnato la sua morte ma Tony non ne verrà mai in possesso, perchè Veronica -respingente ex fidanzata dai contorni più che nebulosi- si rifiuta di consegnarlo.

Ciò che conta, più della trama o del finale a sorpresa, ha a che vedere con una serie di considerazioni sull’impossibilità di conoscere il mistero dell’altro, sulla potenza mistificatoria dei nostri ricordi, che plasmiamo per renderli accettabili a noi stessi e agli altri finché il passato si ripresenta a chiederci conto di un dettaglio dimenticato, di una piccola crudeltà di cui ci siamo resi colpevoli senza più voltarci indietro e che getta una luce meschina sulla nostra presunzione di innocenza.
Quel gesto quasi insignificante, che abbiamo accuratamente allontanato dall’immagine del sé che proponiamo all’esterno e persino a noi stessi, riaffiora inopportuno e, così come accade a Tony, ci mette di fronte allo specchio deformante della nostra memoria.
Siamo di fronte alla “questione dell’interpretazione soggettiva in conflitto con quella oggettiva” al fatto che “dobbiamo conoscere la storia di chi scrive la storia, se vogliamo comprendere la versione degli eventi che ci viene proposta.”
Lo stesso dicasi per la nostra storia personale, custodita da ricordi privati e collettivi che non collimano quasi mai, con l’aggravante che con gli anni ci si scopre ad avvertire il peso della caducità dell’esistenza e il potere informante della memoria giacché “con il ridursi del numero dei testimoni della tua esistenza tende a diminuire l’avvaloramente, e di conseguenza la certezza, di ciò che sei o sei stato.”
E per dirla con Barnes “C’é l’accumulo. C’è la responsabilità. E al di là di questo, c’è il tempo inquieto. Il tempo molto inquieto.”

Un romanzo ben scritto, dove le parole sono soppesate e levigate quasi a rasentare la mancanza di trasporto, patinato e costruito secondo alcuni. Una lettura, a parer mio, che invita a farsi delle domande, il che assolve Barnes dall’accusa, probabilmente parzialmente fondata, di aver voluto scrivere un libro di successo con l’aura del romanzo per intellettuali.

Viv

23 pensieri riguardo “Il senso di una fine

  1. Viv non ci crederai ma appena prima di scaricare la posta ho scaricato questo libro sul kindle!!! E dopo la tua recensione (talmente impeccabile da farmi sentire piccolina) è aumentata la voglia di leggerlo!!! Un abbraccio

  2. Concordo con gli altri amici che… si va un po’ sul tosto. Ma le tue recensioni sono sempre così intelligenti e hanno la capacità di sbucciarti un libro come si trattasse di un frutto: via la scorza, talora un po’ dura, si svela la polpa… disponibile e pronta ad essere gustata!
    Grazie infinite di quest’ottimo servizio, anche se ognuno di noi ha una sua brava chilometrica lista di libri da leggere nella vita e non la esaurisce mai!

    1. Hai ragione Rita le liste si allungano e il tempo non è mai abbastanza!:) la mia grazie anche ad altre blogger colpevoli di egual reato…come in questo caso! Ps. Io mi sono letta the help su tua segnalazione!

  3. Conoscendo il tuo rigore e la tua pacata spietatezza, se così posso dire, nel recensire i libri che leggi, credo che questo romanzo abbia grande valore.
    E io sì, la matita per sottolineare la uso ancora.
    E mi basta quella frase, il tempo molto inquieto, per affermare che questo libro è certamente nelle mie corde, è una scrittura che fa per me.
    Grazie della presentazione Viv, ho molto apprezzato.
    Un bacio grande!

    1. La critica si è divisa, al solito, sostenendo che il libro era scritto a tavolino per incontrare il grande pubblico a cui tuttavia non dispiace di fregiarsi del titolo di intellettuali, ma pur con qualche pecca (quel finale a sorpresa…) io l’ho trovato interessante e mi sono ritrovata molto nell’ accumulo e negli errori che incidentalmente seminiamo nel nostro passato…
      Nel frattempo mi sono letta un altro malloppone di Wilkie Collins… A volte sono un po’ seriale ma il romanzo inglese di quel periodo è una tentazione a cui non so resistere 🙂
      Bacioni, se lo leggi dimmi la tua.

  4. Leggo libri praticamente da una vita avendo cominciato a 4 anni
    ,ma non ho mai sentito la voglia o il bisogno di sottolineare qualche brano o qualche frase !! E’ grave?? :mrgreen:
    Un abbraccio! 🙂
    liù

      1. Sai che non vi avevo fatto caso ? Hai ragione tu,perchè in genere io pubblico brani che mi sono piaciuti o che mi hanno colpita! 🙂
        Buon fine settimana anche a te Viv.

    1. Ultimamente riflettevo con un’amica che mi è capitato di “ragionare” anche prendendo spunto da libri che erano assolutamente frivoli ma in questo caso la riflessione si impone! Buona domenica anche a te 🙂

  5. Da brava non ci dici il finale, ma quello che racconti è abbastanza intrigante da incuriosire nella lettura. Ho diversi libri che aspettano. Che accio ci metto anche questo? 🙂 Comunque sempre bravissima nelle tue recensioni.

    1. Il finale per la verità è quello che mi ha convinto meno ma in un libro così secondo me conta meno che in altri. Se il tuo comodino ha ancora uno spaziettino magari riesci a mettere in equilibrio anche questo. E…a proposito, l’assassino è il maggiordomo 🙂

  6. Questo libro mi era già stato caldamente consigliato ed ora, dopo la tua recensione che ne mette in risalto vizi e virtù, DEVE ESSERE MIO. Ora sono alle prese con I vicerè che è un tale malloppazzo che non so quando lo farò. Comunque lo leggerò

    Però è bellissimo questo incorciarsi di segnalazioni, questo stratificarsi di impressioni e di letture. E’ come avere trovato tante amiche in un palazzo con le quale condividere belle chiacchiere reali. Grazie a te e a tante altre blogger che seguo e che mi lanciano interessanti ami nelle Rete ai quali abboccare..

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