Auguri agli empatici!

Le giornate che seguono il Natale sono lente, profumate di quella pigrizia che accompagna il recupero delle energie. Quasi sorprende che in questo tempo rarefatto osi insinuarsi il Veglione di Capodanno, tra tutte la festa più intrinsecamente inelegante dell’anno. Va detto che se la gioca ai punti con il sempre infausto Ferragosto: entrambi precipitano il tempo lieto della vacanza nella malinconia leopardiana del Sabato ma, tra i due, la notte di San Silvestro ha l’aggravante dell’aggressione acustica prolungata e fuori contesto.

Dobbiamo tuttavia rendere merito a questo 2023 che, sin dal principio, si presenta con una piccola deroga: l’Epifania cade infatti di venerdì e regala ben due giorni per aprire le dita e far scivolare via senza strappi le festività.

Speriamo sia il primo di molti doni ma il primissimo fatevelo da soli e questa sera rinunciate ai botti.
Non inquinate l’ambiente con fumi tossici e non condannate uccellini ed animali selvatici a una morte per crepacuore. A voi piacerebbe trovarvi improvvisamente sotto i bombardamenti? Che triste divertimento è mai questo?

Quest’anno i miei auguri sono per le persone empatiche che festeggeranno senza provocare danni all’ambiente, alle altre creature e al buon gusto. 

Viv

Pubblicità

Gli addobbi dell’infanzia

Giorni fa, spulciando in una scatola di addobbi provenienti dalla casa della mia infanzia, sono usciti due minuscoli angioletti di plastica bianca: due, tre centimetri al massimo, con le braccia aperte come due piccoli Gesù nella mangiatoia.
In due fanno tre ali perché una si è rotta chissà come e chissà quando.
La particolarità di questi angioletti, motivo per cui all’epoca li amavo di quell’amore entusiasticamente privo di buon gusto che accomuna i bambini, è che al buio si illuminavano come lucciole verdognole. Ricordo che li racchiudevo nelle mani a conca per attivare quella mite fluorescenza e immediatamente mi sono ritrovata a fare la stessa cosa sorridendo a quei teneri lumini verdi e paffuti.

Ci son cose che son talmente brutte che fanno il giro e diventano belle, gli addobbi dell’infanzia non fanno eccezione.
Benedette le scatole superstiti dove riposano le decorazioni di famiglia!

In foto un angolino di casa con una delle palline ricamate negli anni scorsi.

Viv

I Natali degli anni passati

Per alcuni anni, dopo che mi ero sposata, Babbo Natale prese l’abitudine di portarmi un regalino speciale da parte di mio papà. Non so se fosse tutta farina del suo sacco o se ci fosse lo zampino della mamma, mio papà non è mai stato un uomo da regali e mi risulta difficile immaginarlo in giro per negozi a scegliere questi piccoli oggetti che rispecchiavano per lo più i gusti della mamma. Non voglio nemmeno scoprirlo, io li conservo tutti e per me restano i regali speciali del papà. La campanella della foto è uno di questi.

Ora i miei sono anziani e non vanno più a cercare doni ma queste piccole decorazioni tornano sulle mie mensole ad ogni Natale. Qualcosa si aggiunge, qualcosa cambia ma alcuni oggetti non possono mai mancare.

Viv

Come le foglie

“Come invecchiano meravigliosamente le foglie. Come sono pieni di luce e colori i loro ultimi giorni.” (John Burroughs)

La mia era una famiglia di cinque persone: mamma, papà, due figli e la nonna.
Quando la nonna morì avevo trentacinque anni, ero sposata, avevo due bambine ed ero ancora giovane, di quella gioventù che a posteriori ci sembra perfetta.
Quando la vidi l’ultima volta, svegliandosi da un sonno leggero, mi guardò e sorrise: “Ecco qui la mia cocca” (con quella doppia milanese che si sentiva appena un po’ meno delle doppie canoniche).
Era ottobre, forse per questo mi è sempre parso che fosse così meravigliosamente invecchiata, come le foglie di Burroughs.
Tanto da sembrare ancora giovane.

Viv

 

Gli stivali da pioggia

Quando ero bambina pioveva spesso, i portaombrelli traboccavano. Tornavamo a casa da scuola con le scarpe fradice e le riempivamo di fogli di giornale per farle asciugare più velocemente, vicino -ma non troppo!- al calorifero per non far irrigidire la pelle. Non era strano avere degli stivali da pioggia anche senza essere dei reali inglesi a passeggio per la brughiera.

Un anno, avrò avuto 12 o forse 13 anni, scoppió la moda degli stivali da pioggia con il tacco.
Qualcuno se ne ricorda?
Erano stivali sagomati, alti fino al ginocchio con la suola intera in gomma bianca e una cucitura impunturata sulla paramontura. 
Ed erano lucidi, da specchiarcisi.
Io li avevo acquistati in quei giorni malinconici di inizio settembre in cui nel paesino di montagna in cui villeggiavamo non rimaneva nessuno fuorché i nativi, i giorni di fine estate in cui immancabilmente cominciavano le prime piogge insistenti e l’umidità si insinuava con falsa timidezza tra gli spessi muri delle case in pietra senza riscaldamento.
Li avevo scelti bianco latte, per spezzare la routine dello stivale in gomma, rigorosamente nero, che possedevamo tutti fin dall’asilo, e ne ero fierissima, anche perché non mi aspettavo di precorrere la moda con un acquisto nella bottega del paesello.
Noi ragazze, con una perizia affinata in tentativi estenuanti, ci infilavamo dentro i pantaloni -Dio sa come, visto che imperversava la zampa di elefante- e sentivamo che con quei 7/8 centimetri in più saremmo potute arrivare ovunque.
La gomma lucida si rigava per l’attrito e non c’era modo di restituirle la lucentezza, non erano certamente fatti per durare come gli stivaletti giallo sole -gialli come il mio primo vero ombrello da adulta- che comprai qualche anno dopo.

Da tempo non ho più un paio di stivali in gomma e nemmeno la pioggia è più la stessa, del tutto assente o troppo violenta, ma sento che questo è l’anno giusto per tornare giovane, o per fingermi reale inglese. In fondo non è sempre indispensabile la pioggia, gli stivali in gomma sono perfetti anche per un giardino e io mi sento pronta anche per quello.

Ho provato a cercare in rete un’immagine di quegli stivali bianco latte, terribilmente kitsch diciamolo pure, che mi ostino a ricordare con emotiva affezione, ma gli unici davvero simili che ho scovato sono di un intenso giallo sole. Lo prenderò come un segnale.

Viv