More is more

C’è chi è paladino del “Less is more” di Steve Jobs e chi chiosa con Iris Apfel che “More is more & less is a bore”.
Io mi dibatto tra i due estremi: sono una minimalista attratta dalla stravaganza estetica anche se non mi riesce di praticarla in prima persona.

I ricami sulle t-shirt hanno approfittato di un momento in cui la macchina da cucire era fuori uso e devo dire che mi danno sempre più soddisfazione.

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Viv

I nostri cuori perduti

Celeste NG, I nostri cuori perduti, Mondadori

Il romanzo si svolge in una America distopica contemporanea in cui, dopo un periodo di grave crisi economica e sociale che ha trovato il suo capro espiatorio nelle politiche delle potenze asiatiche, si è cristallizzato un governo intransigente e nazionalista.
In nome della protezione della cultura e delle tradizioni americane sono state emanate una serie di leggi di matrice razzista, il PACT, che colpiscono trasversalmente le minoranze etniche e in special modo le persone con caratteristiche somatiche orientali, indipendentemente dal fatto che si tratti di cittadini americani di seconda o terza generazione.
In un clima di crescente sospetto gli atti di violenza si consumano nell’impunità e la delazione, anche se viene surrettiziamente chiamata vigilanza sociale, è più che caldeggiata.
Il lato più oscuro delle leggi protezioniste tuttavia si compie con l’allontanamento dei bambini, qualora i genitori siano ritenuti non idonei, e con la loro ricollocazione presso famiglie di provata lealtà.

I nostri cuori perduti sono dunque i figli di cui si perdono le tracce nell’indifferenza generale ed è anche il verso di una poesia che, senza intenzione alcuna da parte della loro autrice Margaret Miu, diviene lo slogan degli attivisti anti PACT.
Infatti per Margaret inizialmente il PACT era un concetto puramente astratto, per certi versi un progresso rispetto al caos precedente, in ogni caso qualcosa che non la riguardava da vicino: lei era sì di origine cinese ma era anche una leale cittadina, sposata con un professore universitario americano di buona famiglia, con una bella casa in un quartiere agiato e un figlio in arrivo. Certamente non faceva parte delle frange di estremisti politici a cui erano rivolte quelle leggi.
L’affiliazione involontaria ai dissidenti tuttavia la pone in un pericoloso cono di luce e, quando Noah, che in famiglia chiamano Bird, ha nove anni, Margaret decide di allontanarsi per proteggere il figlio da una più che probabile ricollocazione. Se ne prenderà cura il marito, ostentando di averla ripudiata.
La situazione in cui, volente o nolente, viene a trovarsi Margaret la spinge a farsi le domande che in principio aveva scansato, ad immergersi in un problema che è diventato anche suo, ad ascoltare le storie di chi come lei vive separato da un pezzo del suo cuore. E infine a compiere un gesto di resistenza che possa scardinare l’indifferenza di chi ancora sceglie di non vedere.

“L’idea non era ancora completamente formata nella sua testa, era solo un bisogno: il bisogno di rimediare per tutti gli anni in cui aveva deliberatamente scelto di girarsi dall’altra parte, di non interessarsi. Gli anni in cui aveva pensato che non importava, finché succedeva al figlio di qualcun altro.”

Il racconto si svela a poco a poco e ruota intorno alla figura di Bird, di Margaret e del progetto di riscatto che quest’ultima decide di mettere in atto.
Nonostante vi sia una flessione della tensione narrativa nella seconda parte, quando Margaret spiega le motivazioni del suo allontanamento, la lettura mantiene le promesse iniziali e riesce a raccontare una realtà cruda in tono poetico dando voce a personaggi di grande umanità e spessore.
Se il cuore del romanzo è indubbiamente nel messaggio di resistenza politica e nel ruolo fondamentale dei racconti orali e della parola scritta -non a caso i libri sono i primi ad essere messi all’indice- mi piace mettere l’accento sul tema trasversale del coraggio, il coraggio di assumersi il ruolo che la vita impone sia che ci si trovi in prima linea sia che ci sia richiesto di reggere il peso di un’apparente codardia per un bene più alto, come nel caso del padre di Bird.

Se non li avete ancora letti recuperate i due precedenti romanzi di Celeste NG, di entrambi trovate la mia recensione sul blog.

Viv

Custodia per iPad e libri

Si dice sempre che “basta il pensiero” ma sarà proprio vero?

Fin da piccoli ci hanno insegnato che un dono non si misura in base al valore economico ma io penso che alla fin fine sia fuorviante. Credo che l’accento dovrebbe andare sull’importanza di dedicare del tempo per trovare un dono “pensato” che possa rendere felice chi riceverà il regalo.
Non sarebbe quindi più calzante dire “basta che ci sia un pensiero”?
E voi come la pensate?
Siete per l’acquisto rapido e indolore dell’ultimo minuto o ci ragionate sopra e partite con largo anticipo?

Per restare in tema oggi vi do un’idea per un’amica book lover.
Perché non crearle una box personalizzata abbinando libro e cover, aggiungendo una miscela per tisane, qualcosa di dolce da mangiucchiare durante la lettura o ancora una candela profumata intonata al mood suggerito dal libro?

Viv

L’ultima cosa bella sulla faccia della terra

Michael Bible, L’ultima cosa bella sulla faccia della terra, Adelphi

“Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare.”

In una cittadina polverosa e sonnolenta nel sud degli Stati Uniti un adolescente disturbato si dà fuoco all’interno di una chiesa e causa la morte di venticinque persone. Scampato al tentativo di suicidio viene processato e condannato a morte.
Il romanzo è a tutti gli effetti una ricostruzione polifonica del trauma e dello smarrimento di un’intera comunità .

Dal carcere, negli ultimi giorni della sua vita Iggie si racconta in modo asciutto ed emozionalmente scarno. La sua testimonianza è dolente ma rassegnata e non esaurisce il mistero di un gesto che resta sospeso nella sua drammatica richiesta di attenzione.
Tutte le voci che si aggiungono in questo racconto corale, seppure legate da un filo comune, sono percepite come estranee le une alle altre, isolate in un contesto senza sbocchi in cui sembra inevitabile cercare conforto nella droga, nel sesso o nella superstizione religiosa.

Molte domande, poche risposte, una scrittura diretta che impacchetta un romanzo molto chiacchierato negli ultimi mesi ma che non mi ha conquistato a livello emotivo.
Ho cercato di capirne il motivo e credo stia nel fatto che le tematiche sono alla fin fine più di facciata che di sostanza e non mi pare aggiunga nulla ai molti romanzi già letti che affondano le radici nelle stesse atmosfere cupe e disilluse di certa provincia americana.

“Le tragedie tendono a seguire traiettorie simili. Uno schema con cui ormai abbiamo fin troppa dimestichezza. L’orrore del fatto. Brevi ore di confusione e lutto, seguite da giornate di rabbia. Settimane di indignazione. C’è chi dà la colpa alla violenza dei film e dei videogiochi. Chi dà la colpa alla malattia mentale. Fiori e preghiere, fiori e preghiere, fiori e preghiere. Raccolte di fondi. È ora di cambiare. Cortei, petizioni e discorsi. Poi niente. E ancora niente.”

In definitiva, per sopravvivere agli urti della vita ci si aggrappa alla bellezza insita nelle piccole cose, come l’ultima fioritura di un albero di corniolo che si intravede dalla finestrella del carcere, l’ultima cosa bella sulla faccia della terra, per l’appunto.
Il titolo, bisogna ammetterlo, è molto bello.

Viv

Envelope clutch Keyka Lou

Vuoi non farla una envelope clutch @Keyka Lou per l’amica che non rinuncia a un tocco di eleganza anche quando si parla di sacchettini per le deiezioni canine?
Per non sbagliare ne ho fatte direttamente due.
Che non si dica che non si può essere raffinati anche quando svolgiamo compiti meno nobili ancorché di altissima civiltà.

Viv