George Sand, La piccola Fadette, Neri Pozza
Nella metà dell’Ottocento, quando scrisse questo romanzo, George Sand, al secolo Aurore Dupin, era già un’autrice chiacchierata per il suo impegno politico -dalle idee socialiste alle posizioni femministe- per l’abitudine a vestirsi da uomo e fumare sigari nonché per la sua vita sentimentale scandalosa, libera da costrizioni.
In questo romanzo campestre tuttavia non si fa alcun cenno alla politica dell’epoca e si può tutt’al più intravedere un insegnamento di tipo morale che, a vari livelli, mette in guardia dal pregiudizio.
Il racconto ha l’andamento di una fiaba per ragazzi sia per quel che concerne la schietta semplicità delle interazioni tra i protagonisti che per il lieto fine in cui trionfano virtù, pazienza e un pizzico di saggia furbizia.
La credenza popolare del tempo riteneva che i gemelli identici dovessero essere cresciuti impedendo un legame troppo stretto poiché il gemello più debole ne avrebbe risentito fino a morirne. Questo è pertanto quanto viene raccomandato a papà Barbeau e a sua moglie alla nascita di Landry e Sylvinet ma, complici le abitudini contadine e la consuetudine familiare, i due fratelli crescono uniti da un’intesa e un affetto esclusivo. Quando Landry, il gemello dal carattere più equilibrato e generoso, viene mandato a servizio da un vicino, Sylvinet, cade in una profonda prostrazione, destinata a protrarsi negli anni, alternando attacchi di ingiustificata gelosia e febbri nervose.
Tanto più un gemello si adatta alla nuova condizione e accetta di buon grado il normale processo di affrancamento, tanto più l’altro si crogiola morbosamente nella sua condizione di figlio protetto in seno al focolare domestico.
Ma in fondo a tutte quelle parole dette a vanvera c’erano, da una parte, il ragazzo contento di lavorare e di vivere non importa dove e come, e dall’altra, quello che non riusciva a capacitarsi che il fratello potesse avere anche un solo momento di felicità è di pace senza di lui.
In questo nuovo equilibrio in cui Sylvinet tiranneggia con il suo affetto sempre più esigente il fratello dall’animo meno tormentato ma dal cuore non meno affezionato, si inserisce la piccola Fadette, una ragazzetta emarginata dalla comunità per le sue parentele -una madre svergognata e una nonna in odore di stregoneria- i suoi modi sfrenati e la sua generale trascuratezza.
In questa ragazzetta scarmigliata e anticonformista dall’animo nobile e dalla volontà di ferro è facile riconoscsenza eccessivi infingimenti l’autrice stessa.
Anche la Sand era chiacchierona e beffarda, vivace come una farfalla, curiosa come un pettirosso e nera come un grillo e come Fadette era stata allevata in campagna da una nonna che le aveva lasciato le redini molto lente e una cospicua eredità.
Come ogni fiaba che si rispetti la morale mette in guardia verso il pregiudizio. Il pregiudizio verso le apparenze che spesso non corrispondono alla sostanza, verso la deformità del fratellino di Fadette, verso le dicerie senza fondamento scientifico come quelle sui gemelli monozigoti o sul lavoro delle erboriste che l’ignoranza assimilava alle streghe.
Un romanzo per ragazzi, un classico di un altro tempo (1849) che forse anche per il suo carattere bucolico risulta meno attuale e più datato dell’intramontabile “Piccole donne” (1868) che gli è posteriore di soli diciannove anni.
Viv