Elizabeth Jane Howard, Il lungo sguardo, Fazi
Se, orfani dei Cazalet –qui la prima di tre recensioni- avete già sul comodino un volume de “Il lungo sguardo” è doveroso da parte mia avvertirvi che la lettura di questa e di qualsiasi altra recensione troviate in rete rischierà di privarvi di un piccolo elemento sorpresa.
Diciamo che potrete riprendere la lettura del post appena sarete arrivati al secondo capitolo.
Il romanzo si apre sulla festa di fidanzamento di Julian, primogenito di due coniugi borghesi ben introdotti nella vita sociale della Londra degli anni Cinquanta.
Gli invitati ci vengono presentati prima che si ritrovino a condividere la serata e il quadro è desolante fin dalle prime battute. Intuiamo un promesso sposo superficiale e poco coinvolto da una fidanzata inerme e fragile, una figlia più giovane, emotiva e solo apparentemente spregiudicata, un matrimonio alle corde dove lunghi silenzi sono interrotti da schermaglie verbali in punta di fioretto che provano a dissimulare la rassegnata disillusione della moglie e la ferocia disinteressata del marito.
Non sapremo mai cosa la vita riservi loro dal momento che il romanzo si sviluppa a ritroso fino a lambire l’istante in cui tutto deve ancora accadere, l’attimo in cui sta per compiersi il primo incontro tra Mrs e Mr Fleming.
Gli atti successivi ci accompagnano dagli anni della guerra alle vacanze in Riviera con i figli piccoli, fino all’infelice infanzia di lei di cui, non a caso, scopriamo il nome solo dopo un considerevole numero di pagine.
Il marito da tempo ha smesso di chiamarla per nome e bisogna risalire ancora più indietro negli anni per ritrovare l’identità intatta di una giovanissima Antonia, che si affaccia alla vita tentando di liberarsi dalle atmosfere soffocanti -madre infantile, padre assente- della famiglia di origine.
Conrad la sceglie per la sua bellezza ancora inconsapevole, intuendo in lei la raffinatezza della rosa che non si è ancora schiusa, la plasma e la protegge come un trofeo per poi stancarsene, orgogliosamente infedele, rifuggendo dalla loro intimità come da una debolezza che lo ha reso vulnerabile.
A ritroso si alza il velo sulle speranze infrante di Antonia che, dopo aver imparato ad amare un uomo di cui all’inizio era solo infatuata, ne scopre dolorosamente i limiti.
La incontriamo nelle prime pagine irreprensibile nella compostezza dei gesti e nella cura della propria persona con l’amara saggezza di chi ha imparato a disciplinare ad arte le proprie reazioni e ne scopriamo pian piano ingenuità, inquietudini, solitudine, pulsioni.
Antonia è intelligente e raffinata, espressione di un mondo in cui gli uomini guardavano le donne con condiscendenza, faticando a riconoscerne il valore intellettuale e relegandole a ruoli subordinati e passivi.
“Non faccio niente. La mia vita è tutta un affare indiretto”. Così risponde Antonia a chi le chiede di cosa si occupi.
I silenzi snervanti lasciano spazio a riflessioni introspettive e la ferocia dei sentimenti è spogliata da ogni aggressività verbale.
Nei minuti che seguirono questo breve scambio, lei ebbe modo di scoprire che le parole rompono solo la superficie esterna nel silenzio, e che i silenzi difficili sono in realtà densi di parole non dette.
Lo vorrete sapere e quindi vi anticipo. “Il lungo sguardo” non ha la coralità, l’intreccio avvincente dei Cazalet ma è un romanzo elegante, dal tratto molto femminile, in cui è facile riconoscere la matrice parzialmente autobiografica.
Vi è una sorta di lentezza avvolgente in cui il lettore prende a respirare insieme ai personaggi, vive insieme a loro la distanza emotiva, le umiliazioni, i compromessi.
Era come se stessero in piedi su due rocce distanti in mezzo al mare, ognuno con in mano l’estremità di una pesante corda, loro unico legame.
Quanto alla struttura inusuale che fa dell’inversione temporale il punto di fuoco della narrazione non mi è parsa artificiosa, come alcune recensioni sostengono. Può disorientare scoprire che il sipario sulle vite dei protagonisti cali, di fatto, con l’ultima riga del primo atto (i figli in particolare, come é ovvio, scompaiono del tutto come figure adulte) d’altro canto la struttura si arricchisce per sottrazione e il lungo sguardo del lettore libera i personaggi dalle rigidità accumulate negli anni permettendo di affinarne la comprensione attraverso la conoscenza del passato.
Un approccio che, in definitiva, é in tutto e per tutto simile a quello che abbiamo nei confronti di persone conosciute nella vita adulta e di cui inizialmente non sappiamo nulla che non sia il presente.
Viv
Questo mi intriga! Le saghe di solito non le leggo quindi non ho letto i Cazalet. Baci baci
Io amo le saghe ma non disdegno i figli unici 😉
Si comprende subito che questo è un romanzo elegante, la trama mi ispira molto e a dirti il vero spenderei una parola anche per la copertina che è davvero accattivante, invita già a sfogliare quel volume.
Complimenti per la recensione sempre curata e personale come tu sai fare, un bacione Viv!
Fazi spesso azzecca le copertine. In questo caso è senz’altro così. Buona giornata!
Allora non leggo…anche se chissà se mai riuscirò a leggere i Cazalet 😉
Non so se ho inteso bene ma non vorrei averti tratto in inganno… questo non fa parte della saga, è stato scritto anni prima.
Mi sa che dovrò leggerlo.
Sei unica nel far venire desideri grandi e tentazioni forti 🙂
Ciao, Viv, tutto bene?
…’ notte
Bene, grazie! Di qualche passione bisogna pur vivere… 😊
Mi incuriosisce proprio la struttura dell’inversione temporale che come scrivi tu è un po’ come conoscere persone in età adulta. Adoro la tua capacità di analisi 😚