La scacchiera di Auschwitz

John Donoghue, La scacchiera di Auschwitz, Giunti

Scacchi e campi di concentramento, un binomio che in letteratura incontrai per la prima volta diversi decenni fa ne “La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig, romanzo che all’epoca mi piacque molto e che nel tempo mi è capitato di consigliare.
Se la variante di Maurensig ha un respiro mitteleuropeo, con una prosa asciutta e intensa, la scacchiera di Donoghue è il prodotto della letteratura americana dei nostri giorni, prona al bestseller, al cinema e alle logiche di intrattenimento.

L’editoria e la critica hanno presentato “La scacchiera di Auschwitz” come un racconto di amicizia e redenzione. Dal canto mio mi sono ritrovata una volta di più a riflettere sul cattivo servizio che alcuni romanzi fanno alla memoria storica.

La trama in sintesi. A distanza di un ventennio un ufficiale delle SS e un prigioniero ebreo si incontrano ad Amsterdam in occasione di un torneo internazionale di scacchi. Il passato li ha visti su fronti opposti ad Auschwitz ed entrambi non hanno mai smesso di portarne il peso.
Il confronto tra i due apre ad una serie di flash back che ricostruiscono la vicenda in un’alternanza di piani narrativi che pare nata per assecondare i ritmi e le esigenze dell’intrattenimento cinematografico.
Non sono sufficienti i continui termini in lingua tedesca che si riferiscono al lessico dei campi e alle gerarchie naziste per assicurare storicità e spessore a una trama che punta primariamente sull’azione e si approccia agli aspetti emotivi senza sporcarsi troppo le mani. Quanto agli scacchi potrei giurare deluda le aspettative degli addetti ai lavori relegando a un succinto elenco di mosse le descrizioni delle singole partite senza trasmettere alcuna tensione agonistica e psicologica.

Scorrevole quanto può esserlo una buona sceneggiatura che non aspiri all’originalità e neppure al realismo più stringente, è una lettura che sceglie di non turbare.
Adatta a chi, pur restando all’ombra degli spicchi di un ombrellone, desideri dissimulare il legittimo desiderio di leggerezza con un titolo apparentemente impegnato.

Viv

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19 pensieri riguardo “La scacchiera di Auschwitz

  1. Uhm, no.
    Il libro che nasce solo per essere di supporto al film no, ma proprio no.
    E non mi piace neppure l’idea di “sbattere” in copertina temi impegnati solo per farsi fighi….

    1. E’ più dignitoso di altri sullo stesso tema e non so se sia già in programma un film ma leggendolo è impossibile non immaginarlo sullo schermo. Dal canto mio ci casco sempre ma sono diventata iper critica riguardo ai romanzi che sfruttano l’Olocausto.

      1. Credo che in qualche modo sia “giusto” trattare con questo occhio critico i temi così conosciuti, ma soprattutto storicamente importanti. Mi piace pensare che un libro sia sempre un investimento, ma è facile a volte sfruttare le argomentazioni e poi cadere nel banale giusto per vendere…

  2. La variante di Lüneburg è un gran libro, anche a me ha colpito. Riguardo a questo romanzo che ci presenti le considerazioni sono simili ad altre che abbiamo fatto in passato su libri che toccano questi argomenti così difficili. Sono tematiche complicate, arduo affrontarle con la giusta profondità, sono d’accordo con te, certi libri diventano occasioni mancate, a volte.
    Buona giornata, Viv, un bacione!

    1. Alcuni romanzi sono il prodotto del loro tempo più di altri, come in questo caso. Maurensig era riuscito a non banalizzare l’argomento pur restando nell’ambito del racconto di fantasia. Voglio cercare “La novella degli scacchi” di Zweig di cui ho sentito dir bene, il tema è analogo… la conosci?

  3. i libri che sfruttano l’Olocsusto per rendere un romanzo più appetibile sono molti. Diciamo che io penso che l’importante sia continuare a parlarne, ma non credo leggero questo libro. Forse però qualcuno leggendolo vorrà saperne di più …

    1. Capisco cosa intendi ma non riesco a convincermene fino in fondo. Trovo che raccontare l’Olocausto in modo superficiale falsi la memoria storica e non sono certa che parlarne sia sempre una buona cosa se passa un messaggio banalizzato ed edulcorato per puri fini editoriali. Esistono tuttavia romanzi non biografici sulla Shoah che senza essere cruenti scuotono le coscienze più di una narrazione di intrattenimento. Per esempio il bellissimo e brevissimo “Destinatario sconosciuto”.

      1. Si, ha senz’altro ragione. Sai a volte la paura di “perdere” la memoria è così forte da far dimenticare che anche manometterla alla fine porta allo stesso risultato

    1. Del film non so nulla, non so nemmeno se esista. Riflettevo solo sul fatto che sembra scritto in previsione di una eventuale sceneggiatura. Ma forse tu sai qualcosa che io non so 😉

      1. Dalle tue parole “pare nata per assecondare i ritmi e le esigenze dell’intrattenimento cinematografico”, l’avevo interpretato come un libro che nasceva dal film! 😁😁 mi ha tratto in inganno il “pare “.
        No non so nulla di più di quello che ho letto dal tuo post 😉

  4. concordo con le tue valutazioni su certi libri (americani) che nascono con intenti spudoratamente commerciali, privi di anima e ricchi solo di studiati effetti “cinematografici”
    Quanto alla “variante di Luneburg” anche a me era molto piaciuto fino a che non mi è capitato di leggere “la novella degli scacchi” scritta da Sefan Zweig negli anni quaranta e che all’epoca di Maurensig aveva pochissima diffusione in Italia (successivamente sono uscite a più riprese altre traduzioni): sbalorditiva somiglianza tra i due romanzi che mi fece trarre una deprimente conclusione.
    ml

    1. Ne parlavo qualche commento fa, non sei il primo a cui sento fare riflessioni di questo tipo su Zweig/Maurensig e temo che la lettura della novella mi provocherà sentimenti analoghi. A questo punto la metterò in lista subito. Grazie per il tuo commento.

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