Le “scale” di Barbara Bolzan

Qualche tempo fa scrissi un articolo sul romanzo “Requiem in re minore” di Barbara Bolzan, di cui poco o nulla sapevo fino a quel momento. Infatti ero capitata su “Requiem” in modo del tutto casuale, per una felice intuizione che non posso neppure attribuirmi.
Nel mondo di twitter e di facebook tutto è possibile in tempo reale, ma per me, da sempre ai margini dei social network e che da pochi giorni avevo inaugurato un blog, immaginate quale sorpresa sia stata trovare tra i commenti quello dell’autrice.
Ne è nato uno scambio di mail che mi ha fatto intravedere una persona di grande ricchezza interiore e il mio comodino virtuale si è riempito dei suoi precedenti romanzi, disponibili in versione elettronica.

“Sulle scale” è il romanzo di esordio e nasce da un vissuto personale rielaborato in forma romanzata. Pubblicato dall’Aice (associazione italiana contro l’epilessia) è una lettura, lontana dai tecnicismi medici, proposta a chi voglia comprendere la quotidianità delle persone epilettiche.

Nella prima parte del romanzo, Monica, dal suo presente di studentessa universitaria, ci riporta agli anni in cui tutto ha avuto inizio, ripercorrendo i primi sintomi, i ricoveri, gli esami clinici e le visite specialistiche delle prime fasi della malattia, episodi che segnano l’adolescenza di una sedicenne -che fino a quel momento aveva vissuto al riparo della “normalità”- limitandone la libertà di movimento, minandone la sicurezza, turbandone l’autostima.
Monica, dall’oggi al domani, si trova costretta per lunghi periodi in una camera di ospedale e a rituali ai quali mal sopporta di consegnarsi, circondata da adulti -medici ed insegnanti- che, di fronte alla mancanza di risposte sul piano clinico, ipotizzano disturbi di tipo psichiatrico o tentativi di simulazione per sfuggire la realtà familiare o scolastica.
Due anni di vita sospesa, durante i quali Monica sperimenta una quotidianità sempre soggetta a imprevisti, in attesa di una risposta che stenta ad arrivare. Due anni lunghissimi nella vita di un’adolescente.
Nella seconda parte Monica è chiamata ad addomesticare la diagnosi di epilessia. Una diagnosi accolta come una liberazione e che tuttavia la costringe ad imparare a convivere con una scomoda compagna di viaggio e con le difficoltà di relazione che ogni diversità porta con sé, non ultima la necessità di gestire la frustrazione e i sentimenti di ribellione di fronte agli sguardi imbarazzati e alle parole incongrue di chi, per un’inadeguatezza umana che tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta, fatica ad essere all’altezza di un giudice che la giovane età e le difficoltà hanno reso estremamente severo.

Scritto diversi anni fa è un libro dal quale l’autrice, allora poco più che ventenne, ha preso gradualmente le distanze ma resta una lettura di grande interesse a vari livelli. La prosa segue l’esigenza di dare voce alla rabbia e ai sentimenti di impotenza di una sedicenne alle prese con un’esperienza che la strappa in un istante alla sua normalità di adolescente, ma se dal punto di vista strettamente letterario è un’opera acerba, il racconto contribuisce, nella sua genuina immediatezza, a riconciliare molti di noi con qualcosa che, come tutto ciò che è ignoto, ci spaventa e ci fa sentire inadeguati. Qualcuno leggendolo si sarà sentito meno solo, come Monica quando incontra in Alessandra la sua prima “collega di epilessia”, qualcuno avrà riflettuto sul fatto che l’epilessia, pur nella multiformità dei sintomi e delle tipologie, è in realtà piuttosto diffusa visto che colpisce l’1% della popolazione, il che rende piuttosto facile imbattersi in una persona che abbia avuto episodi di epilessia.

Un libro che parla il linguaggio degli adolescenti e che andrebbe letto e fatto leggere anche solo per ricordare a noi stessi che ciascuno di noi è “diversamente sano” e che nella normalità di ciascuno si nascondono deficit dell’anima spesso più invalidanti di una malattia vera e propria.

“Requiem in re minore”, terzo romanzo di Barbara Bolzan già finalista del premio Alabarda d’oro nel 2010, è attualmente finalista del premio letterario “Casa Sanremo Writers“.
In bocca al lupo a Barbara.

Viv

13 pensieri riguardo “Le “scale” di Barbara Bolzan

    1. Verissimo! Per altro questo post è stato funestato da una generalizzata ribellione tecnologica al limite del paranormale… Ridiamoci su! Grazie ancora per essere ripassata a trovarmi!

  1. “Addomesticare la diagnosi”, scrive Viv… Come non pensare alla volpe e al Piccolo Principe? Credo che, per molte persone, la lotta si possa ridurre proprio a questo : addomesticarsi l’un l’altro, accettare la malattia e se stessi, contemporaneamente.
    Forse, la battaglia più difficile di tutte.

  2. A me il libro è piaciuto moltissimo! rileggendo il commento di Viv, mi è quasi spiaciuto sentire che l’autrice ne ha preso gradatamente le distanze. Trovo sorprendente lo stile, non tanto in sé, quanto paragonato al Requiem. Dove qui si trova una grande armonia (mesta e che lo governa!), invece nelle Scale lo stile è tutto diverso, a scatti, nervoso, e rende straordinariamente bene il modo di pensare e esprimersi di un’adolescente (di classe…). Persino il fatto che non ci sia una trama ben precisa, ma piuttosto una serie di racconti sulle proprie sensazioni intramezzati dalla narrazione delle vicende è secondo me funzionale alla descrizione del mondo mentale di una ragazza di quell’età. Insomma, l’ho trovato straordinario, a mio avviso con solo una piccola pecca. Secondo me le pagine finali sono inutili, mi sono sembrate così poco necessarie al contesto del racconto dall’aver avuto il sospetto che fossero in fondo quasi scritte a comando (se non sbaglio il libro è stato pubblicato sotto gli auspici di un’associazione) e magari è proprio questo il motivo per cui l’autrice ha un qualche disagio verso il libro…disagio secondo me poco giustificato, perché come opera prima mi sembra di grande livello…

  3. Caro Roberto,
    prendere le distanze dalle Scale è stata, a un certo punto, quasi una scelta obbligata. Così, per anni, ho rifiutato ogni tipo di intervista. Adesso, le cose sono un po’ cambiate: ho ricominciato a parlarne e a prendere parte alle conferenze di settore, l’ho risistemato completamente (non mi piaceva il modo in cui era scritto.. ero veramente molto giovane!), riscritto in toto, e adesso è diventato un nuovo libro.
    Ti ringrazio per i complimenti! Quanto alle pagine finali: in effetti, sono state volute dall’AICE, l’associazione che si era occupata della pubblicazione. Nella nuova edizione non figurano, così come tutte le parti prettamente tecniche (sempre relative alla parte finale).
    Non so ancora che futuro potrà avere quel volume. Farsi ascoltare dalle case editrici non è semplice, specie se sei un’esordiente….
    Sono comunue lieta di averti accompagnato nel tuo soggiorno parigino! Sapere che, in un modo o nell’altro, le mie parole hanno attraversato i confini nazionali, è emozionante!
    E grazie di cuore a Viv, che ha permesso tutto questo!

  4. Ovviamente così mi fai venire voglia di leggere anche la nuova versione…quando sarà disponibile lo farò. Spero tu non abbia cambiato molto lo stile, perché secondo me era efficacissimo. Mentre non era difficile capire che le ultime pagine non erano funzionali al racconto: come una postafazione, che non avevi granché voglia di scrivere per di più.
    Ora passo all’ultimo tuo che ho, anche se forse ci alterno in mezzo un altro perché mi sembra meglio fare un piccolo stacco, ti ritroverò ancora più volentieri…

  5. Sto ancora aspettando che l’editore pubblichi il libro che doveva uscire già questo inverno, un romanzo breve sulla condizione dei bambini in affido. Aspetto, aspetto… e nessuna novità. Non capisco.

Scrivi una risposta a roberto Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.